‘Archvoice – Diamo voce all’architettura‘ è un un atelier itinerante di architettura esperienziale. Un progetto che mira ad insegnare l’architettura come linguaggio in cui bambini, adolescenti – e chiunque fosse interessato – imparano l’architettura così come si impara la musica, la danza, la pittura, la scultura, ecc.
Archvoice ha un approccio di indagine che, attraverso l’architettura, coinvolge direttamente i partecipanti inducendoli a riflettere su specifiche tematiche e sui modi per produrre trasformazioni all’interno dei territori che vivono, in un’ottica di progettazione e pianificazione partecipata.
Attività educative da svolgere nel tempo libero, legate all’urbanistica, all’architettura e all’ambiente, alla costruzione di comunità, ma anche al design, all’arte, all’agricoltura urbana ed all’educazione alimentare che coinvolgono direttamente bambini, adolescenti e le loro famiglie.
Le arti sono linguaggi che ci permettono di indagare e costruire il mondo che abitiamo e possono essere inserite in processi partecipativi in cui bambini, ragazzi, genitori e abitanti sono artefici delle decisioni, siano esse di natura sociale, politica, di design dello spazio e degli oggetti, ponendo l’attenzione al rapporto tra spazio architettonico, corpo umano, creatività e ambiente.
L’architettura “è fatta di spazio e per la percezione corretta della quale è necessaria la partecipazione attiva dell’uomo, cioè della nostra realtà, di noi persone che ci muoviamo in essa” (Bruno Zevi), pertanto non è solo la bella facciata che vediamo o il bell’edificio che si affaccia sulla piazza, ma è una grande scultura scavata nel cui interno l’uomo penetra e cammina. Così non ci viene mai detto che il fondamento dell’opera architettonica è lo spazio, la cui percezione è possibile solo se in esso possiamo penetrare.
L’architettura nelle attività di Archvoice è quindi intesa come metafora e mediatore artistico che può essere utilizzata come approccio educativo, e quindi di empowerment, in grado di attivare i partecipanti nell’espressione e nella ricerca di soluzioni alle proprie difficoltà (Wang 1998).
“Creare un’infrastruttura temporanea significa dare spazio al tempo”
Un insieme di interventi e di incontri fatti di partecipazione ed empatia che trattano tali infrastrutture innanzitutto come metafore, aggiunte alla città esistente senza aumentarne le tracce… Avremo così a disposizione un intero scenario per creare luoghi e città piacevoli e condivisibili.
Grazie all’incontro, alla partecipazione e all’interazione trasformare così lo spazio in un attivatore, un catalizzatore di processi espressivi e creativi da intendersi come vere e proprie infrastrutture temporanee.